giovedì 27 settembre 2012

Salmo 131: in me è tranquillo il mio cuore

Dalla liturgia del salterio del monastero di Bose un salmo che mi ha accompagnato e che ancora mi affianca. A seguire un commento al Vangelo di Marco di domenica scorsa che ben si collega al Salmo. Pensando poi ai piccoli alunni che ci sono affidati. Quanto ancora d'apprendere dal loro esserci accanto!

Salmo 131

Signore, il mio cuore non si esalta

i miei occhi non guardano troppo in alto

non vado in cerca di cose grandi

di grandi azioni al di là delle mie forze.

No, io raffreno il mio cuore

nella quiete e nel silenzio

come un bambino svezzato in braccio a sua madre

in me é tranquillo il mio cuore.

Attendi il Signore, Israele, da ora e per sempre.

 

Su Marco 9, 30-37

( Camillo de Piaz, " Ultimo e servo di tutti" in 'Fu detto agli antichi' pp. 145-146)

" Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti" vuol dire che non è attraverso il potere, il successo, la gloria che il discepolo realizza la sua autentica dignità. Il codice della vera concezione dell'autorità tra i cristiani sta tutto racchiuso dentro queste parole. Tale atteggiamento riceve un'ulteriore esemplificazione da parte di Gesù nel simbolo del bambino. Gesù rifiuta la concezione secondo la quale egli é solo oggetto di educazione ( e lo era tanto più nella società dall'ora, per cui il gesto di Gesù appare rivoluzionario ) da parte dell'adulto: il bambino é in soggetto che ha un messaggio prezioso da trasmettere proprio e innanzitutto a colui che gli é, per età e per cultura, superiore. La sua stessa sola presenza, nonché il suo crescere, annuncia che quella superiorità é provvisoria, destinata ad essere sopravanzata e passata di mano. Niente di più esecrabile e più pericoloso, e di più triste, di un mondo di adulti sordo a questo messaggio e chiuso in se stesso. Non é tanto il candore della sua cosiddetta innocenza ciò che egli rappresenta, me é piuttosto l'abbandono senza calcoli, doppiezze ed interessi secondi o reconditi. Con questo spirito da "bambino svezzato, nelle braccia della madre", come dice il Salmo, il discepolo entra nel mondo non con la forza delle armi, il prestigio della finanza o le macchinazioni della politica, ma con lo spirito di colui che " é venuto non ad essere servito ma a servire".

 

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